Fragili, insicuri, smarriti, frangibili, persi, ciechi, soli, sporchi di fango, con il respiro strozzato dall’attesa, con la fatica e l’incomprensione dell’attesa sulle spalle, con il bisogno di gridare il nostro BASTA… aspettando di poter “tornare” chissà dove, illusi e convinti di poter riempire, come prima, gli stessi “contenitori” fino a soffocarli.
Costretti a stare dentro, mentre una Roma bella e dolente riprende il suo spazio e il Creato riprende il suo respiro senza di noi, noi che siamo il punto più alto, noi fatti “poco meno degli angeli” eppure così sprovveduti, così disattenti, a volte così ottusamente dannosi…
E se questo è un tempo di lotta, è dentro ognuno di noi che esplode un combattimento mai vissuto prima, è dentro ognuno di noi che si cercano le strade, si determinano le scelte, è dentro ognuno di noi che va trovato uno stile totalmente nuovo per vedere in modo diverso quello che facciamo, per illuminare l’impasto di quel fango, per preferire la vita alle sue abitudini, per trovare il coraggio e iniziare a dire quello che non va, per cambiare rotta senza ripensamenti, per riequilibrare le “posture sbagliate” della mente.
Perché è da qui che dobbiamo ripartire per ricostruire il senso delle cose, per costruire percorsi di speranza anche attraverso i nostri passi instabili.
Ma siamo sicuri poi di volere di nuovo proprio la stessa vita di prima? Quella che ci faceva correre per non essere costretti a pensare, quella che ci faceva accumulare appuntamenti, ansie, persone, immagini, pillole, post-it, quella che ingolfava momenti, quella che frullava le emozioni senza che potessimo distinguerle.
E paradossalmente, chiusi dentro, stiamo imparando a respirare, ad ascoltare impercettibili sfumature, a fermarci su cose e persone, stiamo provando a capire, in questa piccola prigionia, come gustare tutto quello che ci siamo persi, come essere e tornare liberi…