Nel silenzio di Dio

Una mattina come tante. Di ogni momento conosco il suo rituale.

Il cielo invita a uscire, fuggire altrove.

Un senso di malessere diffuso, come qualcosa che crolla, come una vertigine senza controllo, spinge l’anima fuori da ogni stanza chiusa.

Ma poi ogni passo, invecchiato e spento, appesantito da pensieri che non passano, mi conduce dentro una piccola folla in cui ogni parola porta in sé una reazione diversa. Tanto vale rimanere qui, in ogni altrove porterei l’eco di quel vuoto.

Cammino staccata dagli altri, mi allontano e poi torno.

Poi, nella confusione distratta di un vociare indistinto, uno sguardo polverizza la paura… continuo allora col cuore ferito, chiuso come quella porta che continua a non aprirsi, lo stordimento malinconico che aumenta, il vento leggero che sembra tempesta, la notte dentro e la voglia di attaccarla a quella croce.

Entro, ricordando quello sguardo, ma niente mi appartiene, niente basta più a niente. Il nodo del silenzio scende nella gola, la vita sembra ormai troppo distante.

Ma che ne sai tu?

La vita fuori di qui sembra l’unico vortice possibile, qualcosa tira dentro, ma poi inevitabilmente tutto riprende come prima… e svuota, rosicchiando fiammelle di allegria.

E allora ingoio la solitudine di parole mai dette, troppe volte nascoste o non capite, mentre continuo a gridare verso quello sguardo e sento la paura riprendere il suo posto. E vorrei che lui scendesse da quella croce per venire ad abbracciarmi in questa notte che scava caverne dentro il cuore.

E adesso? Dove sei? E dove sono io?

Poi, ancora quello sguardo… la sottile malinconia della festa, la voglia di restare in disparte, il dolore che raschia, le porte irrimediabilmente chiuse, come quella porta, aperta solo dalla croce.

L’unico modo per ritrovarsi è stare qui, dove Dio, col suo silenzio, si fa strada, tra le nostre rovine, sciogliendo i nostri silenzi.

Solo l’amore resta.

Anche quest’anno è Pasqua…

 

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